IL CONSIGLIO DI STATO 
               in sede giurisdizionale (Sezione sesta) 
 
ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero  di  registro
generale  4500  del  2019,  proposto   da   Ilaria   Maria   Faraoni,
rappresentato e  difeso  dagli  avvocati  Francesco  Paoletti,  Elisa
Vannucci Zauli, con domicilio digitale come da  PEC  da  registri  di
giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco  Paoletti  in
Roma, via Maresciallo Pilsudski n. 118; 
    contro  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'   e   della
ricerca, Ufficio scolastico Regionale Toscana, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in  Roma
- via dei Portoghesi n. 12; 
    per la riforma della sentenza breve del Tribunale  amministrativo
Regionale per il Lazio (Sezione terza) n.  05852/2019,  resa  tra  le
parti, concernente l'annullamento: 
        del decreto  direttoriale  del  MIUR  (Ministero  istruzione,
ricerca  e  universita')  del  20  dicembre  2018  (pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale n. l02 del 28 dicembre 2018)  -  doc.  1,  con  il
quale e' stato indetto il concorso pubblico, per esami e titoli,  per
la  copertura  di  duemilaquattro  posti  di  direttore  dei  servizi
generali ed amministrativi del personale ATA (DSGA); 
        nonche' per l'annullamento,  del  decreto  MIUR  18  dicembre
2018, prot. 863, contenente disposizioni concernenti il concorso, per
titoli ed esami, per l'accesso al  profilo  professionale  del  DSGA,
laddove, all'art. 3 anch'esso prevede, in  alternativa  al  requisito
della laurea, il requisito dei tre  anni  di  servizio  come  facente
funzioni di DSGA, da aver maturato alla data  di  entrata  in  vigore
della predetta legge (invece che alla scadenza del termine  stabilito
dal bando per la presentazione della domanda). 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio   di   Ministero
dell'istruzione,   dell'universita'   della   ricerca   e   l'Ufficio
scolastico Regionale Toscana; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  7  novembre  2019  il
cons. Davide Ponte e  uditi  per  le  parti  gli  avvocati  Francesco
Paoletti e Davide Di Giorgio dell'Avvocatura generale dello Stato; 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    Con l'appello in esame l'odierna parte  appellante  impugnava  la
sentenza  n.  5852  del  2019  con  cui  il  TAR  Lazio  ha  respinto
l'originario gravame; quest'ultimo era stato proposto dalla  medesima
parte al fine di ottenere l'annullamento del bando di  indizione  del
«Concorso pubblico, per esami e  titoli,  per  la  copertura  di 2004
posti  di  direttore  dei  servizi  generali  ed  amministrativi  del
personale  ATA»,  nella  parte  in  cui  disciplina  i  requisiti  di
ammissione. In particolare, oggetto di contestazione era la parte  in
cui si dispone che possono partecipare, ancorche'  privi  dei  titoli
culturali, gli assistenti amministrativi che, alla data di entrata in
vigore della legge 27 dicembre 2017, n. 205, abbiano maturato  almeno
tre interi anni di servizio, anche non continuativi,  sulla  base  di
incarichi annuali, negli ultimi otto, nelle mansioni di direttore dei
servizi generali ed amministrativi (articoli 2, commi 5 e 4, comma 1,
lettera e). 
    Nel ricostruire in  fatto  e  nei  documenti  la  vicenda,  parte
appellante deduceva i seguenti motivi di appello: 
        error   in   iudicando,   erroneita'    della    motivazione,
travisamento dei fatti,  omessa  motivazione  sulle  ragioni  addotte
contro il precedente citato; 
        difetto  di  motivazione  sul  terzo  motivo  di  ricorso   e
devoluzione in appello, in relazione alla riduzione  al  solo  trenta
per cento della riserva dei posti  messi  a  concorso  a  favore  del
personale ATA; 
        violazione di  legge  in  materia  di  condanna  alle  spese,
eccessiva onerosita' degli importi liquidati dal TAR. 
    La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto
del gravame. 
    Con  decreto  cautelare  n.  2735  del  2019,   veniva   disposta
ammissione  con   riserva   della   parte   appellante   alla   prova
preselettiva. 
    Con  ordinanza  n.  3164  del  2019  veniva  accolta  la  domanda
cautelare di sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata, in
quanto le esigenze cautelari di parte appellante (attestate da  utile
collocazione all'esito della prova  preselettiva)  venivano  ritenute
prevalenti, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, nelle  more
del necessario approfondimento in  ordine  alla  verifica  della  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
della norma impositiva del termine di cui al 1° gennaio 2018. 
    Alla pubblica udienza del 7 novembre 2019  la  causa  passava  in
decisione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. La presente controversia ha  ad  oggetto  l'impugnativa  degli
atti concernenti l'indizione del concorso, per esami e titoli, a 2004
posti di direttore dei servizi generali ed amministrativi. 
    In particolare, parte appellante contesta  la  limitazione  della
partecipazione al concorso agli assistenti amministrativi  che,  alla
data di entrata in vigore della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205,
abbiano maturato, sulla base di incarichi annuali, almeno tre  interi
anni di servizio, anche non continuativi,  negli  ultimi  otto  nelle
mansioni di direttore dei  servizi  generali  ed  amministrativi.  In
sostanza, si contesta la  previsione  di  bando,  riproduttiva  della
norma, laddove prevede che il requisito dei  tre  anni  debba  essere
posseduto alla data di entrata in  vigore  della  legge  (1°  gennaio
2018), e non invece  anche  in  epoca  successiva,  cioe'  fino  alla
scadenza del termine per presentare le domande; per cio' che concerne
la posizione dell'appellante, la stessa avrebbe conseguito i tre anni
alla data del 1° agosto 2018. 
    2. Cosi delineata, la fattispecie  trova  il  proprio  fondamento
nella specifica e letterale dizione legislativa, ripresa  in  termini
meramente riproduttiva dagli atti impugnati. 
    Occorre quindi prendere le mosse dalla norma di riferimento (art.
1, comma 605,  legge  27  dicembre  2017,  n.  205),  a  mente  della
quale:«605. E' bandito entro il 2018, senza ulteriori oneri a  carico
della finanza pubblica, un  concorso  pubblico  per  l'assunzione  di
direttori dei servizi generali ed amministrativi,  nei  limiti  delle
facolta' assunzionali ai sensi dell'art. 39, commi 3 e  3-bis,  della
legge 27 dicembre 1997, n. 449. Gli  assistenti  amministrativi  che,
alla data di entrata in vigore della presente legge,  hanno  maturato
almeno tre interi anni di servizio negli ultimi otto  nelle  mansioni
di  direttore  dei  servizi  generali   ed   amministrativi   possono
partecipare alla procedura concorsuale di cui al primo periodo  anche
in mancanza del requisito culturale di cui alla tabella B allegata al
contratto collettivo nazionale di lavoro relativo  al  personale  del
comparto scuola sottoscritto in data 29 novembre 2007,  e  successive
modificazioni». 
    Come emerge dalla  lettura  del  disposto  richiamato,  la  norma
esclude  direttamente  la  partecipazione  ai  soggetti  privi  della
richiesta maturazione  di  servizi  entro  la  data  legislativamente
prevista, in termini di chiarezza letterale  non  superabile  in  via
ermeneutica diversa, neppure costituzionalmente orientata. 
    3. Conseguentemente, unico  presupposto  per  l'accoglimento  del
ricorso e' la proposizione della questione di  costituzionalita',  di
cui nella presente fattispecie sussistono entrambi i presupposti,  in
merito alla dubbia compatibilita'  della  contestata  limitazione  ai
principi tratti dalla Carta fondamentale. 
    3.1 Sul versante della rilevanza, l'esito positivo della verifica
emerge  dalla  constatazione  che  la  norma  in   contestazione   e'
l'elemento direttamente ostativo  alla  auspicata  partecipazione  al
concorso da parte della odierna appellante; infatti, quest'ultima  ha
maturato il requisito necessario  per  l'ammissione  al  concorso  in
epoca successiva al termine fissato direttamente dalla norma, sebbene
in epoca anteriore al criterio  ordinariamente  utilizzato,  in  base
alle norme generali ed ai principi vigenti in  materia  di  procedure
concorsuali, cioe' quello riferito al termine fissato dal  bando  per
la presentazione delle domande di partecipazione. 
    Al  riguardo  appare  pienamente  ammissibile  e   rilevante   la
questione di legittimita' costituzionale concernente una legge di cui
il giudice a quo  debba  fare  diretta  applicazione  ai  fini  della
decisione della causa  in  relazione  al  thema  decidendum  (e,  nel
giudizio d'appello, al devolutum). 
    Ipotesi,  questa,  che  esattamente  ricorre  nella  fattispecie,
risultando  con  i  motivi  d'appello  devoluti  al  presente   grado
questioni   che   non   possono   essere   decise   indipendentemente
dall'applicazione della citata disposizione di legge, posta da  tutte
la parti, pubblica e private, a fondamento dei provvedimenti adottati
e  delle  tesi  dedotte  in  giudizio  in   ordine   alla   possibile
partecipazione al concorso in oggetto. 
    3.2 Sul versante della non manifesta infondatezza, il  necessario
approfondimento,  svolto  anche  alla   luce   della   giurisprudenza
costituzionale piu' recente, giunge ad un esito parimenti positivo. 
    3.2.1 Punto di partenza dell'analisi e' il contenuto della norma,
la connessa ratio e la  conseguente  qualificazione  della  procedura
concorsuale in questione. 
    La stessa dizione normativa qualifica la procedura quale concorso
pubblico, aperto, quindi di carattere ordinario,  rispetto  al  quale
viene ad essere garantita la piu' ampia  partecipazione,  in  termini
coerenti  al  principio  fondamentale  del  pubblico   concorso   per
l'accesso agli impieghi pubblici. 
    La diversa qualificazione, posta a fondamento delle decisioni  di
prime  cure  applicate  per  relationem  dal   TAR   nella   sentenza
semplificata impugnata, oltre  a  scontrarsi  con  la  lettera  e  la
sostanza della norma (e  cio'  sarebbe  gia'  dirimente),  non  trova
conforto nei limiti che la  giurisprudenza  costituzionale  detta  in
relazione ai concorsi riservati. 
    3.2.3 Come noto,  secondo  la  giurisprudenza  costituzionale  il
pubblico concorso e' forma generale e ordinaria di  reclutamento  del
personale della pubblica amministrazione  (si  vedano,  tra  le  piu'
recenti, le sentenze n. 134 del 2014; n. 277, n. 137, n. 28  e  n.  3
del 2013; n. 212, n. 177 e n. 99 del 2012; n. 293 del 2009),  cui  si
puo' derogare solo in presenza di peculiari e straordinarie  esigenze
di interesse pubblico (sentenze n. 134 del 2014; n. 217 del 2012;  n.
310 del 2011; n. 9 del 2010; n. 293 e n. 215  del  2009;  n.  81  del
2006). 
    In dettaglio, sono ammesse  deroghe  al  principio  del  pubblico
concorso, solo sulla  base  peculiari  e  straordinarie  esigenze  di
interesse pubblico idonee a giustificarle (sentenze n.  135/2014;  n.
52/2011; n. 195, n. 150 e n. 100 del 2010; n. 293 del 2009) e solo  a
condizione  che  il  principio  del  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione  sia  assicurato  in  via  alternativa  con  adeguati
criteri selettivi idonei a garantire la professionalita' dei soggetti
prescelti (da ultimo, sentenze n. 299 del 2011 e n. 30 del 2012).  In
particolare,  «l'area  delle  eccezioni»  al  concorso  deve   essere
«delimitata in modo rigoroso» (sentenze n. 215/2009 e n. 363/2006)  e
le deroghe sono  legittime  solo  se  in  presenza  di  un  superiore
interesse  pubblico,  come  ad  esempio  l'esigenza  di   consolidare
specifiche    esperienze    professionali    maturate     all'interno
dell'amministrazione  e  non  acquisibili  all'esterno  (sentenza  n.
149/2010), le quali facciano ritenere che la deroga al principio  del
concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle  esigenze  di  buon
andamento dell'amministrazione (sentenze n. 9, n. 150/2010 e  n.  293
del 2009). Dalla giurisprudenza costituzionale si  evince,  poi,  che
non sono deroghe ammissibili: eccezioni basate sulla circostanza  che
determinate categorie di  dipendenti  abbiano  prestato  attivita'  a
tempo determinato presso l'amministrazione (sentenza n. 205 del 2006)
o sulla personale  aspettativa  degli  aspiranti  ad  una  misura  di
stabilizzazione (sentenza n. 81  del  2006);  riserve  integrali  dei
posti  disponibili  in  concorso  in  favore  di  personale   interno
(sentenze n. 3/2013; n. 217/2012; n. 52/2011; n. 150 del 2010; n. 293
del 2009; n. 205 del 2004) e  deroghe  al  pubblico  concorso  basate
sulla trasformazione di rapporti contrattuali a  tempo  indeterminato
in rapporti di ruolo (sentenze n. 52, n. 67,  n.  68,  n.  123  e  n.
127/2011; n. 190/2005; n. 205/2004). Con riguardo alla  natura  della
procedura  concorsuale,  la  Corte  ha  dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale di procedure selettive riservate, che  escludessero  o
riducessero   irragionevolmente   la    possibilita'    di    accesso
dall'esterno, violando il carattere pubblico del  concorso  (sentenze
n. 137/2013; n. 189/2011; n. 225/2010 e n. 34/2004). 
    3.2.4 E' in  termini  di  requisiti  per  l'accesso  al  concorso
pubblico stesso che si pone la questione, rilevante ai fini di causa. 
    Premesso che, in linea generale, i  requisiti  per  l'accesso  al
concorso in  esame  devono  seguire  il  principio  del  merito,  nel
bilanciamento con l'obiettivo della piu'  ampia  partecipazione,  nel
caso di specie la norma ha inteso affiancare  all'ordinario  possesso
del  titolo  di  studio  previsto  dall'ordinamento,   un   requisito
rilevante in termini  di  esperienza  maturata  in  capo  a  soggetti
eventualmente privi del titolo di  studio;  con  cio'  estendendo  il
campo di partecipazione, sulla scorta di un  elemento  attestante  la
garanzia del possesso della necessaria professionalita', acquisita in
termini di esperienza. 
    3.2.5 Ai fini in esame, e della specifica situazione controversa,
non assume contrario rilievo la disciplina di  dettaglio  del  bando,
laddove viene riservato un trenta per cento dei  posti  al  personale
ATA; infatti, se per un verso tale riserva si  pone  a  valle  ed  e'
contenuta entro il limite legale del  cinquanta  per  cento,  per  un
altro verso, conformemente alla giurisprudenza  costituzionale  sopra
richiamata, non sono previste riserve integrali dei posti disponibili
in   concorso   in   favore   di   personale   interno,    risultando
ragionevolmente aperto ai soggetti esterni il settanta per cento  dei
posti, cioe' la assoluta maggioranza. 
    Peraltro, come gia'  evidenziato  in  termini  di  rilevanza,  la
presente controversia ha  ad  oggetto  diretto  l'applicazione  della
norma di legge in contestazione, la quale comporta l'esclusione della
parte appellante dalla procedura sulla scorta di una regola di dubbia
costituzionalita', nei termini che seguono. 
    3.2.6 Nel caso di  specie  la  norma,  lungi  dal  restringere  e
riservare l'accesso a determinati soggetti e ad indicare le  connesse
esigenze   eccezionali,   amplia   la    partecipazione    attraverso
l'estensione dei requisiti, oltre al titolo  di  studio  l'esperienza
pregressa. 
    In particolare, ai fini di causa cio' che assume rilievo  non  e'
la contestazione in merito alla piu' o meno ampia estensione,  quanto
piuttosto il tema concernenti la  (sola)  epoca  di  maturazione  del
requisito. 
    3.2.7 In proposito, rispetto alla  regola  generale  in  tema  di
concorsi, secondo cui i requisiti previsti per la  partecipazione  ad
un concorso pubblico  devono  essere  posseduti  dai  concorrenti  al
momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda
stabilito dal bando (cfr. art. 2  del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 10 gennaio 1957, n.  3,  art.  2,  comma  7,  decreto  del
Presidente della Repubblica 9 maggio 1994,  n.  487  e  Consiglio  di
Stato, sez. IV, 7 giugno 2019, n. 3854),  la  diversa  previsione  di
specie non trova conforto nei principi di cui al diritto  vivente  in
materia, dando luogo  ad  illogicita'  e  disparita'  di  trattamento
potenzialmente contrastanti con i principi costituzionali. 
    Ancora di  recente  la  giurisprudenza  di  questo  Consiglio  ha
evidenziato come tali norme, in base alle quali appunto  i  requisiti
per l'ammissione agli impieghi pubblici devono essere posseduti  alla
data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso  per  la
presentazione della domanda, costituisca un  principio  generale;  in
base a tale principio la fissazione di  una  data  anteriore  per  il
possesso dei requisiti occorre che trovi fondamento in una  norma  di
legge, dalla  quale  possa  desumersi  una  particolare  esigenza  di
pubblico interesse, ragionevolmente  prevalente  su  quello  espresso
dalla citata disposizione sull'ammissione ai concorsi, pertanto  tale
deroga non puo' essere posta in un atto regolamentare  (cfr.  ad  es.
Consiglio di Stato, sez. III, 20 maggio 2019, n. 3201) 
    Tale regola deve ritenersi espressione di un principio  generale,
strettamente    connesso     ai     principi     di     imparzialita'
dell'amministrazione e  di  parita'  di  trattamento  dei  candidati;
infatti, in coerenza col favor  partecipationis  nelle  procedure  di
selezione pubbliche, la regola  della  necessita'  del  possesso  dei
requisiti alla data di scadenza  del  termine  per  la  presentazione
delle domande comporta di per se' la trasparenza della determinazione
amministrativa e la parita' di trattamento di chi faccia parte  della
categoria di persone che possa partecipare alla selezione; mentre  la
determinazione di una data diversa, non  coincidente  con  quella  di
scadenza del termine per la presentazione delle domande,  implica  di
per se' il concreto rischio che possano  esservi  vantaggi  solo  per
alcuni degli appartenenti della categoria, con esclusione degli altri
e, dunque, ingiustificate disparita'  di  trattamento;  pertanto,  il
principio della maturazione dei requisiti alla data di scadenza della
presentazione della domanda (a parte i casi espressamente previsti da
una disposizione normativa) puo' essere derogato solo  ove  vi  siano
specifiche e comprovate ragioni di  interesse  pubblico,  ad  esempio
quando si tratti di dare una ragionata esecuzione a  statuizioni  dei
giudici  ovvero  qualora  vi  sia  l'esigenza   di   rispettare   una
successione   cronologica   tra   procedimenti   collegati,   o    di
salvaguardare  posizioni  legittimamente   acquisite   dai   soggetti
interessati a concorsi interni. 
    3.2.8 Nel caso di specie dalla norma in esame e dai relativi atti
preparatori non emerge alcuna ragionevole ne' particolare esigenza di
pubblico interesse, nei termini  appena  indicati,  per  derogare  al
principio generale sopra richiamato. 
    Non solo, la stessa limitazione da' luogo  ad  una  immediata  ed
evidente disparita' di  trattamento,  sia  in  relazione  agli  altri
possessori  del  requisito  in  esame,  sia  in  specie  rispetto  ai
possessori dell'alternativo requisito ordinario del titolo di studio,
il quale, a fini di partecipazione e contrariamente al  requisito  in
esame, puo' essere stato acquisito anche dopo la data del 1°  gennaio
2018 (data di entrata in vigore della legge n. 205 del 2017) ed entro
il termine di presentazione della domanda di partecipazione. 
    Orbene, nessuna di tali differenti discipline e trattamenti trova
il proprio ragionevole fondamento in  alcune  specifica  esigenza  di
interesse  pubblico,  nei  termini  sopra  evidenziati  dal   diritto
vivente. 
    3.2.9 Con riferimento alla situazione della odierna appellate, e'
pacifico  che,  rispetto  alla  data  di  effettiva  indizione  della
procedura appellante, la stessa abbia maturato il servizio  richiesto
per poter accedere al concorso. 
    Quindi, la norma in contestazione comporta,  pur  dinanzi  ad  un
concorso pubblico ordinario,  una  restrizione  alla  partecipazione,
distinguendo fra soggetti che peraltro, rispetto allo svolgimento del
concorso, hanno tutti maturato la richiesta esperienza pregressa. 
    3.2.10 Al riguardo occorre ribadire come la giurisprudenza  della
Corte costituzionale interpreti il requisito del «pubblico  concorso»
di cui all'art. 97, comma 4 nel senso che esso  sia  rispettato,  ove
l'accesso al pubblico impiego avvenga per mezzo di una procedura  con
tre requisiti di  massima  (sui  quali,  fra  le  molte,  cfr.  Corte
costituzionale 24 giugno 2010, n. 225 e 13 novembre 2009, n. 293). 
    In primo luogo, tale procedura deve essere aperta, nel senso  che
vi possa partecipare il maggior numero possibile  di  cittadini.  Nel
caso di specie il carattere aperto emerge dalla stessa qualificazione
della norma e dalla ampiezza della platea dei potenziali  interessati
in quanto possessori dei titoli, di studio e non, richiesti. 
    In secondo  luogo,  deve  trattarsi  di  una  procedura  di  tipo
comparativo, volta cioe' a selezionare i migliori fra gli  aspiranti.
Nel caso di specie la fissazione di  requisiti  di  accesso  persegue
proprio l'esigenza di consentire  la  partecipazione  a  soggetti  in
possesso di profili adeguati in termini di merito, per studio  o  per
esperienza pregressa. 
    Infine, deve trattarsi di una procedura congrua,  nel  senso  che
essa deve consentire di verificare  che  i  candidati  posseggano  la
professionalita' necessaria a svolgere le  mansioni  caratteristiche,
per tipologia e livello, del posto di ruolo che aspirano a ricoprire.
Anche al riguardo il titolo  di  studio  aderente  alle  funzioni  da
svolgere   e   l'esperienza   specifica   pregressa   confermano   la
sussistenza, nel caso di specie, della necessaria congruita'. 
    3.2.11   Con   specifico   riguardo   alla   scuola,   la   Corte
costituzionale ha poi affermato (cfr. sentenza 9  febbraio  2011,  n.
41) che il  merito  deve  costituire  il  criterio  ispiratore  della
disciplina  del  reclutamento  del  personale  docente   e,   inoltre
(sentenza 6 dicembre 2017, n. 251), che  una  disposizione  la  quale
impedisca di realizzare la piu'  ampia  partecipazione  possibile  al
concorso,  in  condizioni  di  effettiva  parita',  contraddice  tale
criterio. E lo sbarramento temporale in contestazione pare  dar  vita
ad  una  limitazione  qualificabile  in  tali  termini,   di   limite
irragionevole  alla  piu'  ampia  partecipazione  in  condizioni   di
parita'. 
    Nel  caso  di  specie,  a  fronte  del  carattere  ordinario  del
concorso, cosi  come  qualificato  dalla  norma,  la  necessita'  del
possesso del requisito ad una data ampiamente anteriore al termine di
presentazione della domanda, non trova  alcun  fondamento  in  alcuna
specifica esigenza di interesse pubblico, dando quindi  vita  ad  una
irragionevole limitazione della partecipazione e ad una disparita' di
trattamento fra possessori dei diversi requisiti di  ammissione,  per
il quale viene ad essere dettato un termine diverso per  la  verifica
del possesso degli stessi. 
    4. Alla luce delle considerazioni  che  precedono,  pertanto,  la
disposizione di legge, riprodotta dal bando, che  limita  il  periodo
per il conseguimento del requisito dei tre anni di servizio alla data
di entrata in vigore della legge n. 205/2017 (ovvero  un  anno  prima
del termine previsto per la presentazione della domanda al concorso),
appare censurabile sotto il  profilo  della  conformita'  al  dettato
della  Costituzione,  ed  in  particolare  degli  articoli  3   della
Costituzione, da solo e in combinato disposto con gli articoli  51  e
97 della Costituzione, determinando una  grave  lesione  ai  principi
costituzionali di parita' tra i cittadini (art.  3),  di  uguaglianza
nell'accesso agli uffici pubblici (art. 51)  e  di  accesso  mediante
concorso, salvo i casi stabiliti dalla  legge,  agli  impieghi  nelle
pubbliche amministrazioni (art. 97). In particolare, con  riferimento
all'art. 97 della Costituzione, va richiamata la regola del  pubblico
concorso, come intesa anche dal diritto vivente della  giurisprudenza
di questo Consiglio, posta a tutela non solo dell'interesse  pubblico
alla scelta  dei  migliori  -  mediante  una  selezione  aperta  alla
partecipazione  di  coloro  che  siano  in  possesso  dei  prescritti
requisiti - ma anche del diritto dei  potenziali  aspiranti  a  poter
partecipare alla relativa selezione. 
    5. Sussistendo tutti i presupposti ai sensi dell'art.  23,  legge
11 marzo 1953,  n.  87,  la  questione  incidentale  di  legittimita'
costituzionale, quale sopra  sollevata,  deve  essere  devoluta  alla
Corte costituzionale,  cui  gli  atti  del  presente  giudizio  vanno
pertanto immediatamente trasmessi, previa  sospensione  del  presente
giudizio.